domenica 6 febbraio 2011

La Setta.

Questo blog era nato più che altro per ridere. Ridere di noi stessi, e di quanto siamo diventati scemi. Con la consapevolezza che ogni giorno la nostra civiltà occidentale, individualista ed edonistica eccetera eccetera, si stia spingendo sempre più verso la fine del tempo, abbia fatto il suo tempo, la fine di un era (e non c'entrano i Maya). Una risata ci sepellirà, e lo sapevamo già.

Questo blog non ha mai preteso di essere preso sul serio. Ed è nato, vi dico la verità, per un esame di Informatica applicata al giornalismo, poi ci ho preso un pochino gusto. Dietro il tema sfuggevole, leggero, superficiale, si nascondeva solo la curiosità e la passione nel guardarsi intorno con occhi sbarrati. Ma con l'anima piena, e la speranza che in fondo in fondo, prima o poi ci accorgeremo che le cose potrebbero andar meglio e, (vorremo) se vorremo, le faremo andar meglio.

Anche se molte persone potrebbero scambiare queste poche pagine per inchiostro buttato, tempo buttato, e altra spazzatura nel mucchio, non gliene ho mai voluto. A parte l'inchiostro.

Questo blog, d'altronde, è una pagliacciata. E come i pagliacci, siamo qui per prendere calci nel culo e farvi ridere, col trucco che cola, delle nostre disgrazie e delle nostre debolezze.

Come clown, come pierrot, ridono gli altri per noi, che abbiamo un ghigno stampato in faccia e una lacrima sul viso disegnata a matita.

Questa qua, è la nostra epoca. Ma almeno sappiamo ancora per cosa ridiamo e per cosa piangiamo e, bene o male, in tanti ancora non hanno smesso di pensare.

...

Chi sta leggendo tutto questo penserà che ci siamo rincoglioniti. Lo so, fa effetto.

Ma questo post è difficile da scrivere perchè vorrebbe trattare sempre di un fenomeno da internet, di una qualche cosa che c'azzecca ma non riesci, non ne sai parlare.

Perchè parlare di Mosconi, Mario Magnotta e cose così, è semplice e ci riescono tutti, e internet potrà anche sembrare un mezzo immondezzaio, ma può anche affascinare per le sue misteriose e straordinarie dinamiche che le applichi alle cazzate come alle cose serie e restano sempre quelle, che sono quelle del pensiero, della ragione, e salvo equivoci, anche quelle del sapere, della conoscenza, che a parlar di Mario e di giochetti di labirinti e video spaventosi lo sanno far tutti, come parlare di giornalismo, comunicazione, sociologia e antroposofia. Lo sanno far tutti.

Ora: vorremo conoscere sempre personaggi buoni, lo so. Sempre simpatici, sempre sorridenti. Almeno qui - direte voi. Sennò che ci venivo a fare? Bastava andare da una altra parte Bastava andare su quell'altro sito anzichè qua. E' solo che a volte avremo anche bisogno di non impazzire, d'illuderci con tutti quei personaggi buoni. In un piccolo universo fatto Marii Magnotte, Fiat Dune e Prinz senza ritorno, che ridere. (Andate anche su quell'altro sito, però, qualche volta).

Poi arrivarono i demoni.

Ce ne sono ovunque, maledetti figli di puttana.

Quello di cui volevo parlarvi, e di questo passo non ci arriviamo più, è un internet meme molto diffuso, eppure non lo conosce nessuno.

Ci passa di fianco tutte le mattine magari. Ce l'abbiamo a tavola a colazione, nella quarta pagina del giornale e, tra una barzelletta e l'altra, alla televisione, la sera.

E' nero come la pece, e ha occhi di sangue infetto, di un rosso che non brilla, che puzza come un animale morto e se ne sta appollaiato dovunque mentre tutti lo guardano ma nessuno vomita più.

Vomitano loro.

Accanto ai personaggi buoni del nostro blog ce ne sono di cattivi e schifosi. Uno si fa chiamare Mia e uno si fa chiamare Ana, e vengono dai nostri pensieri più neri, dalle nostre colpe più remote e dalle nostre perversioni più schifose e ripugnanti.

La rete unisce, e con la rete ci si organizza, ci dicono. E così i popoli si liberano dall'oppressione, i buoni si trovano e si mettono insieme e insieme trionfano e la Tunisia e Obama e l'Egitto, e la democrazia dal basso.

Lo so che non ci state capendo un granchè, ma capirete, state tranquilli. E' che veramente non riesco a parlarne tranquillo, non riesco a trovare la forma. Mi hanno detto spesso: lei sa scrivere. Non ci ho mai capito molto su questa affermazione, perchè credo neghi la sostanza stessa della scrittura. Tutti sappiamo scrivere, e ripeterlo è un pleonasmo. Ma qualora si riferissero a quello che dicevo poco fa, alla forma, a trovare la forma, ecco, vorrei dirvelo chiaro e tondo: mi capita raramente ma stavolta proprio non ci riesco. Ho un nodo nella gola e una confusione che non so dire, non so fare.

Neri come pensieri neri, Mia e Ana si aggirano nelle piaghe di una semi-carcassa, di una fogna lurida e buia. No, non parlo di internet. Sarebbe semplice dire che la colpa è di internet. Sarebbe semplice come dare la colpa agli altri, che è quello che facciamo tutti, tutti i giorni.

Mia e Ana non li conoscevo, nemmeno io che ci perdo sempre del tempo a navigare in queste acque finchè e concesso. Che perdo ore di sonno, a navigar libero e a riflettere su cosa è successo, che sta succedendo. Che mi diverto.

Capita a tutti di essere un po' tristi per qualche motivo, capita a tutti e ci sentiamo vivi. Non togliermelo mai il dolore, ti prego. Toglimi tutto ma non il dolore e l'affanno, e poi restituiscimelo in amore e gioia, che quando le avrò riconosciute non le lascerò più andar via.

Mia e Ana sono il dolore e la paranoia e la nausea che ti assale e ti demoralizza e ti fa pensare a cosa siamo diventati lasciandoti senza un alibi, senza una scusa. Una sensazione di sconforto, ecco cos'è.

Sono prolisso. Oramai sarete già andati a vedere di che si tratta. Dato il luogo, dato lo strumento, dato il linguaggio, avevo già abbandonato l'intenzione di trovarla la forma. La forma ad effetto, la forma a sorpresa.

Avrete già digitato sui vostri motori roboanti "mia"+"ana". Non potevate farne a meno.

...

Ecco, vedete, anche questa cosa può indurre a riflessioni sul medium, sulla comunicazione, sulla ricerca, sugli sviluppi cognitivi del nostro ego. Eppure non ne ho più voglia per oggi. Non voglio più pensare a niente del genere. Perchè se avete scoperto anche voi, poco fa, come me, chi sono Mia e Ana, nell'universo Web, nella rete, tra i fenomeni d'internet, non avrete più voglia nemmeno voi di starmi a sentire.

Provo dolore. Per tutte le volte che non ci accorgiamo di nulla. Per ogni grido. Per tutto lo schifo che abbiamo creato e che non abbiamo più il coraggio di cancellare. Di vedere.

Perchè anche stasera accenderò la televisione e sentirò il tg che parla del Bunga Bunga e di altre cazzate.

Per le strade perdute, senza via d'uscita. Per ogni momento in cui ti accorgi di non averci badato.

Per tutte quelle volte che nemmeno un sorriso. Per tutte le volte che sarebbe bastato.

Per ogni parola non detta. Per ogni volta che ho fatto finta. Per il rimorso di non averci nemmeno provato.

Per tutti i perchè si e i porco mondo e i che tanto è così che va. Il mondo.

Perchè è intelligente ma non si applica. Per tutte le volte che ho detto Mai. Per tutte quelle che ho detto sempre.

Perchè striscia via striscia, e sanguina. Per tutte le volte che parla pure ma non t'ascolto.

Perchè ti avevo ascoltato troppo.

Per quando non c'è un senso. E per le volte che non l'abbiamo ammesso.

Perchè domani per le strade guarderemo le vetrine, si le vetrine, e non ci vedremo riflessi. Come i vampiri negli specchi.

Per Mia e Ana e tutte quelle bambine per la quale spero che almeno stanotte, fosse anche solo stanotte, non possiate dormire.

...

(L'immagine di questo post raffigura una scultura di Maurizio Cattelan)
...

UN,

DUE TRE,

STELLA.


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giovedì 3 febbraio 2011

Information Overload

Che cos'è l'informazione? O, più precisamente, quali cose sono informazione? Quali le sue varie forme? Ognuna di quelle forme, su quali concezioni d'intelligenza, di sapere e di apprendimento si basa? Quali concezioni trascura? Quali i principali effetti psichici di ciascuna di essa? Qual'è la relazione tra informazione e ragione? Quale tipo d'informazione aiuta di più a pensare? i vari tipi d'informazione hanno qualche influenza morale? Che cosa significa dire che c'è troppa informazione? Come si fa a saperlo? Le nuove fonti, la maggiora rapidità, i contesti rinnovati e le forme diverse d'informazione, quali nuove definizioni di valori culturali richiedono? [...] Nessun mezzo è pericoloso se gli utenti ne conoscono i pericoli. Porre domande è già qualcosa. Rompe l'incamtesimo. [...] Quello che propongo è la stessa cosa che aveva già proposto a suo tempo Huxley. Non pretendo di essere più bravo di lui. Come H. G. Wells, anche lui credeva che siamo alla sfida tra educazione e disastro; perciò non si stancava di insistere sulla necessità di capire la politica e l'epistemologia dei mezzi di comunicazione. In definitiva, aveva cercato di dirci che quello che affliggeva la gente nel Mondo Nuovo non era ridere anzichè pensare, ma non sapere per che cosa ridessero e perchè avessere cessato di pensare.

da Neil Postman, Divertirsi da morire, 1985


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OFF








martedì 1 febbraio 2011

Germano Mosconi

Mosconi è stato un grande delle tv locali, uno di quei giornalisti che si legano talmente tanto a una terra, a un dialetto, a una bandiera, da diventare dei veri e propri simboli nell'immaginario popolare. Tanto più dato che Mosconi faceva il giornalista sportivo a Telenuovo, emittente veronese, nella stagione in cui l'Hellas Verona vinse lo scudetto. Un po' il Nando Martellini veneto, la stessa immagine appassionata, rassicurante. Un grande professionista.

"Nel 2004 è stato oggetto di una particolare vicenda che lo ha reso noto in tutta Italia e all'estero. Una fonte ignota pubblicò via internet vari fuorionda, provenienti dalle vecchie registrazioni del telegiornale (risalenti ai primi anni 90), in cui si mostravano le irate reazioni di Mosconi a vari disturbi che causavano il fermo delle riprese (l'entrata involontaria di persone nello studio, rumori vari, notizie scritte su fogli poco comprensibili o assemblati male oppure semplicemente i suoi lapsus linguae).

L'ampio uso di bestemmie, insulti, linguaggio colorito in lingua veneta [... ?] é e il sapiente montaggio, che ne faceva scaturire una spontanea comicità, determinarono una grandissima diffusione del video attraverso la rete, trasformando il giornalista in una involontaria e irriverente macchietta comica. Nel giro di poco tempo sono nati siti internet, forum e fan page a lui dedicati. Insieme ai video originali, iniziarono a circolare in rete numerosi ridopiaggi in cui le imprecazioni del giornalista venivano sovrapposte a scene tratte da film, cartoni animati, trasmissioni televisive e addirittura l'elezione di Benedetto XVI. Allo stesso modo, vennero realizzati numerosi montaggi audio, in cui la voce di Mosconi veniva remixata su canzoni famose, in una sorta di "duetto" con l'artista originale." (Wikipedia)


La diffusione del materiale video fu un colpo basso per il giornalista, che la prese malissimo e denunciò gli anonimi artefici della malevola burla. Fu una brutta vicenda sopratutto per quanto strideva quell'immagine da dietro le quinte, con quella del personaggio televisivo pacato, elegante e raffinato.

In realtà, la forza di quelle immagini sta tutta nel montaggio, nell'abile selezione delle "perle" in una carrellata volgare e gigionesca che ovviamente non gradirebbe nessuno, in particolar modo chi con l'impegno è quotidiano è riuscito a costruirsi una credibilità ben diversa da quella che potrebbe trasparire nei video in questione.

Ma non è che poi Mosconi abbia perso credibilità o ci abbia fatto chissà quale figura. Chi lo conosceva continuerà senz'altro a ricordarlo per ben altro, mentre chi non lo conosceva, probabilmente, le vuole soltanto un po' più bene. Germano Mosconi oggi, in rete, è famoso quanto Chuck Norris e, sinceramente, è anche molto più simpatico. Più genuino. Più umano.


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giovedì 27 gennaio 2011

Leggende metropolitane

Un internet meme molto diffuso e quello delle catene di email contenenti perlopiù notizie sensazionalistiche o rivelazioni a sfondo complottista.

A pensarci bene non è niente di nuovo e la distanza tra le classiche leggende metropolitane e questo tipo di mail, potrebbe essere pressapoco quella che intercorre fra concezione analogica e digitale.

Tutti noi ci siamo trovati ad ascoltare leggende metropolitane che vanno dai coccodrillI nelle fogne di New York alla vicenda dell'autostoppista fantasma. Chi racconta di solito non è mai il protagonista della vicenda, ma riporta per sentito dire, da un amico, l'amico di un amico, un lontano zio, un conoscente. E le variabili, geografiche, sociali, temporali, sono infinite.

In internet questo fenomeno è altrettanto diffuso, con alcune differenze: il messaggio si propaga con una velocità infinatamente maggiore (e da qui l'internet meme), e in modo altrettanto veloce, se si vuole, se si sa cercare, è facile smascherare il falso e, talvolta, anche il falsario.

Le leggende metropolitane delle catene di S. Antonio internettiane sono spesso, come succede per quelle "analogiche", immerse appieno nel constesto in cui si propagano, facendo leva, allo stesso modo dell'analogico se non di più, sulle ataviche paure della modernità, della mancanza di sicurezza, dell'invasione della privacy, della rottura di valori radicati e condivisi, insite in ognuno di noi.

Un esempio, tanto per intenderci potrebbe essere la seguente email, che ha infestato per mesi le caselle di posta elettronica di mezzo mondo:

"Sono avvocato, e conosco la legge. Questo, è reale. Non sbagliatevi.
AOL e Intel manterranno le loro promesse per paura di essere trascinate in tribunale e dover far fronte a una causa di milioni e milioni di dollari. Come quella della Pepsi Cola contro la General Electric , non molto tempo fa.
Cari amici, per favore, NON prendete questo messaggio per un bidone.
Bill Gates STA condividendo la sua fortuna. Se lo ignorate, potreste rimpiangerlo più tardi. Windows rimane il programma più diffuso ed utilizzato nel mondo. Microsoft e AOL sperimentano inviando questo test via messaggio elettronico (e-mail Beta Test). Quando inviate questo messaggio elettronico (e-mail) ai vostri amici, Microsoft può rintracciarvi (se siete un utilizzatore di Microsoft Windows) per 2 settimane.
Ad ogni persona che invierà questo messaggio, Microsoft pagherà 245 euro.
Per ogni persona a cui avete inviato questo messaggio e che lo invierà ad altre persone, Microsoft vi pagherà 243 euro.
Per la terza persona che lo riceverà, Microsoft vi pagherà 241 euro.
Fra due settimane, Microsoft vi contatterà per la Conferma del vostro Indirizzo Postale e vi invierà un assegno.
(Sinceramente, Charles Bailey, General Manager Field)

Pensavo che questo fosse un imbroglio, o uno scherzo, ma 2 settimane dopo aver ricevuto questo messaggio e averlo riinviato, Microsoft mi ha contattato per conoscere il mio indirizzo postale e mi hanno inviato un assegno di 24.800 euro.

Dovete rispondere prima che questa prova sia terminata; se qualcuno ha i mezzi per fare quest’operazione, è Bill Gates. Per lui, c’è un ritorno commerciale. Se questo vi soddisfa, inviate questo messaggio a più persone possibile. Dovreste ricevere almeno 10.000 euro. Non li aiuteremmo, inviando questo messaggio, se non ce ne venisse un qualche cosina anche a noi…
La zia di un mio caro amico, che lavora per Intel, ha appena ricevuto un assegno di 4543 euro, semplicemente inviando questo messaggio. Come ho detto prima, conosco la legge, e c’è del vero, Intel e AOL sono in negoziato per una fusione, con la quale diventerebbero la compagnia più importante del mondo nel settore, e per essere sicuri di rimanere il programma più diffuso e utilizzato in assoluto, Intel e AOL sperimentano con questa prova."


"Sono avvocato e conosco la legge". Sembra di sentir sbraitare una vecchietta da commedia di Edoardo...mio figlio è laureatooo! E' anche questo un meccanismo tipico. Il protagonista deve risultare credibile, anche se poi l'ostentazione di competenza assume ovviamente una connotazione patetica e grottesca.

I soldi facili poi, sono un classico. La base delle truffe on-line. Come le inserzioni su ebay con prezzi troppo bassi. A tutto questo si aggiunga la paura che ci fa internet, questo mare magnum sempre più profondo, dalla quale non ci sappiamo staccare ma che conosciamo sempre troppo poco.

Le leggende metropolitane di solito hanno anche una morale, ed è molto interessante analizzare infatti le dinamiche di creazione e diffusione di queste moderne parabole.

Non vorrei però dilungarmi troppo, perchè sennò poi vedete il post troppo lungo e non mi leggete più. (Paradossi dell'informazione senza limiti, n.b.).

Vi segnalo però un sito molto bello dove, se vorrete potrete approfondire le vostre ricerche e vedere come questo e quello degli internet meme siano due mondi che s'incrociano molto spesso:

http://www.leggendemetropolitane.net/

Vi consiglio caldamente, inoltre, di mettervi comodi e godervi il video di oggi in coda al post: è uno degli internet meme più belli in assoluto. E non dico altro.


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mercoledì 26 gennaio 2011

L'Attenzione

Il poeta statunitense Donald Revell disse che “l'attenzione è un fatto di totalità, di essere pienamente presenti”.

L'attenzione, ai tempi di Internet, è sempre quella, ma come tutte le metafore per stabilire concetti astratti, nel momento in cui un nuovo mezzo di comunicazione fa la sua comparsa, diventa molto più complessa da definire.

La totalità è senz'altro una delle caratteristiche della Rete, e la piena presenza una conseguenza innata dell'essere eternamente connessi. Eppure, paraddossalmente, se prendiamo per buona la definizione di Revell, con tutto il suo sintetico fascino, l'Attenzione diventa altra cosa, e quasi spogliata del suo significato originario prende vita propria e diventa il terzo incomodo della Rete.

Totalità-Piena presenza-Attenzione. Potrebbe essere la triade ideale, quella che tutti gli entusiasti dell'Internet potrebbero, dovrebbero, augurarsi, perché l'Homo Theoreticus, quello umplugged, diventi l'Homo Partecipans teorizzato da De Kerckove:

Alla lunga, il cambiamento psicologico più importante sarà forse che, nel momento in cui cominciamo ad esplorare le percezioni tattili esterne nei nostri processi allargati di pensiero, la nostra coscienza personale, normale, interiorizzata, si esteriorizzerà. L'intero mondo esterno diventerà un'estensione della nostra coscienza, proprio come avveniva per le culture più primitive del pianeta. Questo non sarà la fine, ma l'eliminazione dal centro della scena dell'Homo Theoreticus, sostituito dall'Homo Partecipans.

Ciò che probabilmente sfugge a De Kerckove è lo straordinario potere che gli strumenti di comunicazione hanno, di qualsiasi tipo essi siano, di modificare le nostre capacità cognitive.

L'Homo Partecipans sembrerebbe teorizzato appositamente per l'uomo di Internet, ma perché si possa parlare di coscienza è necessaria una forte attenzione, appunto, verso la percezione di ciò che siamo e di ciò che ci circonda, nonché una totale padronanza dell'espressione e dunque del linguaggio che veicola il messaggio.

È necessaria una forte riflessione innanzitutto filosofica sulla conoscenza, che nulla ha a che vedere con l'informazione in sé, il dato spoglio, nudo e crudo, tanto caro ai teorici della comunicazione cosiddetta Standard.

Ma la riflessione, il silenzio, la meditazione non sono certo caratteristiche della nostra era, e tanto meno di Internet. L'attenzione di cui parlavamo, è un attenzione veicolata oramai al tempo reale, alla velocità, all'ansia di sentirsi pienamente presenti, totali, nonostante il limite dello spirito ci imponga da sempre di rallentare. L'Attenzione di queste pagine è un abominio dell'intelletto, un accumularsi morboso di frasi, slogan, dati, espressione di un'epoca in cui pare che si sia persa ogni riflessione meta-comunicativa sugli strumenti del sapere.

L'attenzione di Revell, in queste pagine non viene nemmeno sfiorata, è totalmente assente, sostituita dallo stare bene attenti a essere totalmente e pienamente distratti.

Alberto Salarelli, nel suo Biblioteca e Identità, sostiene che “un mondo ove la tendenza prevalente sia quella di tradurre tutto in informazione risulta terribilmente noioso”. Sono d'accordo, ma siamo certi che questa “noia” sia conscia in ognuno di noi”? Siamo certi di possedere gli strumenti per combattere questo flusso inarrestabile d'informazione che ci travolge, sconvolge, capovolge, ogni giorno? Credo di no.

John Freeman, nel suo libro La tirannia dell'email, paragona il fenomeno della dipendenza dall'email - metafora dell'informazione, della comunicazione in tempo reale senza lasciar spazio alla riflessione - al gioco d'azzardo. Il fenomeno, che è stato ampiamente studiato e oramai rientra appieno nel ventaglio dei disturbi ossessivo-compulsivi che rallegrano il mondo contemporaneo, è paragonabile al giocatore senza senno che tira la leva della slot machine. L'obiettivo primario si perde - nel nostro caso sapere, conoscere - e il gesto diventa autoreferenziale, dettato dal bisogno urgente e irrinunciabile di sentirsi ancora parte di un qualcosa, un piccolo ingranaggio di un mondo della quale non riusciamo più a sentirci parte. In un suo straordinario articolo, parlando proprio di Freeman, lo scrittore Marco Mancassola sostiene che “la vera droga del XXI secolo è tutta in questo necessario, adrenalico, senso di connessione, in quest'ultima abissale illusione di esserci.”

Quest'ultima abissale illusione di esserci.

Marco Marongiu


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